domenica 29 agosto 2010

Il "compartir" per sopravvivere, anche al centro della Terra

Un bell'articolo di Erri De Luca, pubblicato ieri dal Corriere della Sera, mi ha suscitato le seguenti considerazioni.
Dallo scorso 5 agosto trentatrè lavoratori sono intrappolati a 700 metri di profondità in una miniera franata a San Josè, in Cile.
Fino a domenica scorsa questi uomini erano dati ormai per morti.
Poi la scoperta che avevano resistito, l'invio di soccorsi (cibo, acqua, farmaci) fatti passare attraverso stretti condotti, la comunicazione con le famiglie grazie ai mezzi che offre oggi la tecnologia.
Per far uscire quei minatori ci vorrà ancora molto tempo: chi è impegnato negli scavi parla di circa quattro mesi.
Venerdì scorso, con una piccola telecamera inviata in profondità dai soccorritori, i trentatrè prigionieri della miniera hanno realizzato un video di 45 minuti, trasmesso in parte dalla televisione nazionale cilena, nel quale anzitutto assicurano: "qui ci siamo organizzati bene" ed indicano gli spazi che hanno riservato per mangiare, per pregare, per lavarsi e perfino per giocare a domino, nel piccolo rifugio che ha salvato loro la vita e che continua a proteggerli. Tutto è diviso in parti uguali. Nell'emergenza la specie umana sa benissimo il da farsi e come. Sa "condividere": "compartir", in lingua ispanica.
Solo così quegli astronauti al contrario potranno rivedere la luce.
Il dramma dei trentatrè minatori di San Josè ricorda quelli vissuti da tanti nostri connazionali che sin dall'ultimo dopoguerra sono emigrati per offrire il loro destino ad un lavoro d'azzardo, infilati in bui cunicoli a grattare preziosi minerali.
Ricordiamo, tra tutte, la tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove l'8 agosto 1956 persero la vita 262 uomini, 136 dei quali italiani.
Oggi il dramma è vissuto in una cornice da reality (anche se ciò non attenua le dimensioni e l'intensità della tragedia), con queste ennesime vittime di un lavoro disumano che tranquillizzano le famiglie, ostentano patriottismo filmandosi mentre cantano l'inno nazionale, richiamano in tutti noi il concetto primordiale del "compartir" come monito ad una umanità che spesso dimentica le regole fondamentali per conservarsi e per progredire.

sabato 21 agosto 2010

Il Federalismo non disgreghi

Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, è intervenuto nei giorni scorsi a Stresa nell’ambito delle celebrazioni per il 155esimo anniversario della nascita del beato Antonio Rosmini.
A margine di tale incontro, lo stesso cardinale Bagnasco ha rilasciato una intervista a “L’Osservatore Romano” nella quale, tra l’altro, rispondendo proprio ad una domanda sull’attualità del progetto politico federalista propugnato nell’‘800 da Rosmini, ha così risposto: «La molteplicità, in tutti i campi, è una ricchezza se costruisce l'unità; se invece disgrega e allontana, allora non diventa più un valore ma un disvalore. Si vorrebbe, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti, che le specificità delle persone, come delle culture e delle regioni, diventino una ricchezza per il bene dell'insieme, un bene che deve essere reale per tutti».

giovedì 19 agosto 2010

Centro islamico in Puglia. Curto (UDC) : "No alle moschee, sì alle chiese"

Riporto, qui di seguito, per stimolare una comune riflessione sull’argomento, un comunicato del sen. Euprepio Curto, consigliere regionale UDC, diffuso ieri dal Servizio Stampa della Regione Puglia.

“E’ abbastanza singolare che un esponente politico del partito del presidente della Regione, a cui più che ad altri dovrebbe essere nota la scala delle priorità dei pugliesi, e soprattutto delle emergenze con cui alla ripresa dell’attività legislativa ci confronteremo in Regione, proponga la realizzazione in Puglia di un Centro di cultura e religione islamica, di cui non solo non si avverte il bisogno, ma che potrebbe addirittura costituire occasione per riaprire antiche contrapposizioni socio-culturali”.

A criticare senza mezzi termini la proposta del consigliere regionale Franco Pastore (Sel), che aveva proposto l’apertura anche in Puglia di un Centro di cultura e religione islamica, sulla scorta dell’iniziativa assunta dal presidente degli Stati Uniti Barak Obama, è il consigliere regionale Udc, Euprepio Curto.

“Giudico non positivamente – ha dichiarato Curto – la tendenza, in verità molto venata di mero provincialismo, di mutuare iniziative già assunte da soggetti, sia pure di alto spessore, che per ruolo ricoperto, per responsabilità assunte, per particolari condizioni storico-politiche proprie del Paese in cui esercitano il ruolo di governo, possono avere una giustificazione. E, pur tuttavia, ciò che può essere condivisibile negli Stati Uniti d’America non si può, se non abbiamo perso il senso del limite, trasferirlo sic et simpliciter, nel nostro Paese. Meglio: nella nostra Regione”.

“Mi permetto pertanto – ha concluso Curto – di suggerire al collega Pastore di abbandonare un’idea che ha tutte le caratteristiche di una, sia pur intelligente, provocazione, per assumerne un’altra: una volta verificato il costo dell’eventuale realizzazione del Centro islamico, chiedere che la Regione Puglia impegni la stessa cifra per il recupero statico-architettonico delle tante bellissime chiese di Puglia”.

martedì 17 agosto 2010

Un Paese senza leader

Nelle ultime settimane ho ricevuto numerose e-mail che mi inducono a ritenere che esistano le condizioni per dare vita ad un dibattito destinato ad incidere sulla qualità della vita politica locale, anche attraverso il coinvolgimento attivo, in essa, di uomini e donne “nuovi”: non “nuovi” per la mancanza di esperienza; non “nuovi” per il vuoto ideale che esprimono; non “nuovi” per la incapacità progettuale che manifestano… ma “nuovi” per le competenze che hanno maturato nella loro vita professionale; “nuovi” per la lucidità di analisi e di visione prospettica; “nuovi” per le sensibilità affinate nell’ambito del loro percorso formativo; “nuovi” per la freschezza del contributo che possono apportare nell’ottica del bene comune.
Propongo qui di seguito, a tal proposito, per una comune riflessione, il testo della rubrica "Primopiano" del n. 33 di Famiglia Cristiana, uscito in edicola lo scorso 11 agosto.
Dedico questo post, e le considerazioni che da esso potrebbero scaturire, al Presidente Francesco Cossiga, un democratico cristiano, un cattolico liberale, un leader, uno statista vero.


Ha sollevato una grande bagarre la recente denuncia della Chiesa circa l’assenza in Italia di una classe dirigente all’altezza della situazione. In una stagione densa di sfide e problemi, essa lamenta un vuoto di leadership. In tutti i settori. La politica, anzitutto, non svolge la funzione che dovrebbe competerle. Ma analoghe carenze si riscontrano nel mondo imprenditoriale, nella comunicazione e nella cultura. Persino nella società civile e nell’associazionismo.
Mancano persone capaci di offrire alla nazione obiettivi condivisi. E condivisibili. Non esistono programmi di medio e lungo termine. Non emerge un’idea di bene comune, che permetta di superare divisioni e interessi di parte. Se non personali. Si propone un federalismo che sa di secessione. Senz’anima e solidarietà. Un Paese maturo, che deve mirare allo sviluppo e alla pacifica convivenza dei cittadini, non può continuare con uomini che hanno scelto la politica per “sistemare” sé stessi e le proprie “pendenze”. Siamo lontani dall’idea di Paolo VI, che concepiva la politica «come una forma di carità verso la comunità», capace di aiutare tutti a crescere.
L’opinione pubblica, sebbene narcotizzata dalle Tv, è disgustata dallo spettacolo poco edificante che, quasi ogni giorno, ci viene offerto da una classe politica che litiga su tutto. Lontana dalla gente e impotente a risolvere i gravi problemi del Paese. La richiesta della Chiesa di “uomini nuovi” trova ampi consensi tra la gente. Anche se non sono mancate critiche, da chi si sente nel mirino della denuncia. C’è chi ha parlato di mancanza di gratitudine, per il sostegno che una parte politica dà ai “valori irrinunciabili” e alle opere della religione. Soprattutto in un Paese difficile da governare. E refrattario a qualsiasi riforma di grande respiro.
Tra le reazioni più forti, c’è chi s’è chiesto da che pulpito venga la predica. Perché mai la Chiesa si chiama fuori dalle responsabilità? Non fa parte, essa stessa, della classe dirigente del Paese? E perché non guarda alle carenze di quel mondo cattolico fortemente intrecciato nelle vicende nazionali? Accuse solo in parte giustificate. Nel richiamare al senso del bene comune quanti occupano posti di alta responsabilità, la Chiesa è cosciente che anche il mondo cattolico deve fare la sua parte. E assumersi di più i ruoli che contano.
Da tempo, Papa e vescovi hanno lanciato l’appello: «Giovani politici cattolici cercansi». Per invitare i credenti più impegnati a misurarsi con il destino della nazione. In ruoli di grande responsabilità pubblica, così come sono ben presenti nel volontariato e nell’associativismo. Sono molte le figure autorevoli nella comunità ecclesiale. Tanto più queste cresceranno, tanto più se ne gioverà l’intero Paese. Ma la Chiesa è anche chiamata a valutare quanto, di fatto, i propri quadri più alti rappresentino dei punti di riferimento etico e spirituale per tutta la nazione.

venerdì 13 agosto 2010

Fogna bianca: manutenzione e completamento della rete.

Ho consegnato oggi, all'Ufficio Protocollo del Comune di Latiano, la seguente nota - a firma mia e del consigliere comunale Mauro Vitale - indirizzata al Sindaco ed agli Organi di Informazione.
Evidenziamo all’attenzione del Sindaco la problematica relativa al deflusso dell’acqua piovana nell’intersezione tra via Scazzeri e via Mustich.
Più volte, in quel tratto, si sono registrati allagamenti, con danni per le abitazioni vicine, a seguito di abbondanti piogge.
I cittadini direttamente interessati alla problematica chiesero un intervento, del Sindaco allora in carica, già con una lettera del 26 marzo 2008.
Il 25 giugno 2009, con un’altra missiva che riportava in calce ben sessantaquattro sottoscrittori, la questione fu addirittura portata all’attenzione del Prefetto.
In quella circostanza i cittadini ipotizzarono, al rappresentante del Governo, che a causare l’annoso problema fosse stata la chiusura del canale di vico Foscolo e la costruzione di un muro sul canale di drenaggio che un tempo conduceva l’acqua piovana verso la campagna.
Certo è che un intervento risolutorio richiederebbe l’impiego di ingenti risorse e sarebbe da inserire in una programmazione di medio termine.
L’Amministrazione precedente, anche per i tristi fatti a tutti noti, non ha evidentemente avuto il tempo di risolvere il problema.
Riteniamo pertanto opportuno invitare l’Amministrazione Comunale in carica ad inserire tale questione - qualora non lo avesse già fatto - nel proprio piano dei lavori pubblici.
Cogliamo l’occasione per evidenziare anche la necessità di un tempestivo intervento di pulizia e disinfezione delle condotte della fogna bianca, spesso maleodoranti soprattutto nelle ultime settimane di caldo estivo e dalle cui caditoie fuoriescono insetti tanto piccoli quanto fastidiosi, i pappataci, che mettono a repentaglio la salute dei cittadini.
A tal proposito invitiamo l’Amministrazione Comunale a consultare, in internet, l’interessante blog “Latiano Itaca”, che ha ampiamente documentato lo stato di cattiva manutenzione in cui versano le condotte di via Cavour, via Mustich, piazzale Stazione e via De Virgilis.

martedì 10 agosto 2010

Strade rurali. La risposta, a Cavallo.

Apprendo dal blog “La voce di Latiano” (latiano.splinder.com) che l’Amministrazione Comunale annuncia, per bocca del consigliere Tommaso Cavallo, che, dopo aver rattoppato tutte le strade urbane, rattopperà quelle rurali.
E’, questa, una risposta, precisa, alla mia segnalazione dei giorni scorsi.
Ringrazio pertanto l’Amministrazione Comunale per aver almeno delegato un suo sostenitore ad esprimersi (in altre circostanze, l’unica risposta era stato il silenzio!).
E ringrazio anche il consigliere Cavallo per essersi, a suo modo, espresso.
Prendo atto che il criterio per la priorità di intervento è stato individuato nella collocazione delle strade - urbane o extraurbane - e non nel loro stato di conservazione.
Io, forse, avrei fatto diversamente.
Spero tuttavia che l’azione di rattoppo (altro che “respiro lungo”!; sempre di rattoppo si tratta!) non raggiunga troppo tardi le strade rurali poiché si rischierebbe di dover rifare interamente alcuni tratti di esse già oggi ampiamente dissestati.
A margine di ciò, osservo come Cavallo utilizzi un argomento concreto e serio, quale, appunto, la manutenzione della rete viaria, per offrire una lezione gratuita di sapienza politica (!) e… per intimarmi il silenzio.
Naturalmente, rispedisco al mittente l’intimazione ma non senza commentare che ognuno ha il suo stile, il suo modo di essere. Io cerco di convivere con il mio e spero che l’impacciato consigliere Cavallo, a causa di ciò, non si lasci sopraffare dalla disperazione.

domenica 8 agosto 2010

A 51 anni dalla morte di don Luigi

Don Luigi Sturzo, nato a Caltagirone il 26 novembre 1871, moriva a Roma l’8 agosto 1959. Ritengo dunque opportuno richiamare, proprio oggi, la valenza dell’impegno civile e politico di quest’uomo che volle innovare lo stile della presenza dei cattolici in politica, che si impegnò a cercare un’alternativa al socialismo ed al liberalismo, che fu oppositore del fascismo, che fu favorevole al libero mercato ma molto attento alle questioni sociali e sensibile alle tematiche etiche richiamate dalla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica.
Invito i pazienti lettori di questo blog a dedicarsi ad una breve ricerca, anche on line, sulla vita di quest’uomo, per cogliere, anzitutto, le tante similitudini tra l’odierna realtà storico – sociale e quella, della Sicilia del primo ‘900, prima ancora che italiana, in cui si trovò ad operare Sturzo.
"Pochi — scrisse Gabriele De Rosa — ebbero, come Sturzo, la conoscenza specifica della struttura agraria e artigianale siciliana e la sua capacità di analisi degli effetti negativi del processo di espansione del capitalismo industriale sui fragili mercati del Sud e sulla piccola e media borghesia agricola e artigiana locale, che si sfaldava sotto i colpi di una impossibile concorrenza. Tra le cause della disgregazione dei vari ceti artigianali in Sicilia, Sturzo indicava la 'forte concorrenza delle grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime'; la lotta 'rovinosa' che si facevano gli artigiani locali, la mancanza di capitali, l'indebitamento, l'impoverimento delle campagne dovuto alla crisi agraria".
Nel 1900, essendosi scatenata in Cina la persecuzione dei Boxers, che volevano la cacciata degli stranieri, Sturzo presentò anche formale domanda al suo vescovo per partire missionario in quelle terre lontane ma, date le precarie condizioni di salute che avevano caratterizzato l’esistenza di don Luigi sin dalla nascita, il presule negò il consenso.
Sturzo sostenne che la religione non può essere strumento di governo (si pensi invece, a tal proposito, ai nostri contemporanei “talebani” in alcuni Paesi orientali) e che, poiché in Italia il cristianesimo aveva in qualche modo influenzato culturalmente ogni componente politica del suo tempo, l’individuo rimaneva libero di scegliere la sua appartenenza politica secondo la propria coscienza di cittadino e di credente. Nel sostenere ciò, a conferma dell’intento non strumentale della sua iniziativa politica, Sturzo fondò il Partito Popolare Italiano, come partito aconfessionale, palesandone in tal modo la concezione liberale.
In economia Sturzo cercò una alternativa sociale e cattolica al movimento socialista ( “la base del fatto sociale è da ricercarsi nell’individuo”) senza però scadere nell’individualismo.
Sturzo non fu tuttavia un liberale classico poiché da un lato denunciò il capitalismo di Stato, dilapidatore di risorse, e dall’altro rimase convinto della possibilità di interventi dello Stato in economia, sia pure per periodi brevi e finalizzati a risultati specifici.
Sturzo, con il suo pensiero, oltre che il Partito Popolare Italiano, fondò il Popolarismo: una dottrina politica originale, che ha avuto molti richiami in Europa, che è oggetto tuttora di dibattito e che, a mio modesto avviso, non è stata ancora adeguatamente assimilata proprio dai cattolici italiani impegnati in politica.

venerdì 6 agosto 2010

Strade rurali in dissesto. Per il reperimento dei fondi necessari alla manutenzione, si è pensato ai finanziamenti comunitari?

Ho depositato ieri, presso l'Ufficio Protocollo del Comune, la seguente nota indirizzata al Sindaco e, per conoscenza, agli Organi di Informazione. Evidenzio una problematica, quella dello stato di dissesto in cui versano tratti importanti della rete viaria extraurbana, che mi è stata segnalata da numerosi cittadini. Il mio intento è assolutamente costruttivo (se si vuole, anche collaborativo!): il problema è reale e non ho avuto problemi ad affermare di aver sottoposto la questione, nello scorso mese di febbraio, anche alla precedente Amministrazione Comunale, che provvide a riempire le buche senza apporti lo strato di asfalto e, dunque, senza risolvere il problema poichè le piogge hanno puntualmente ripristinato l'originaria condizione. Lamento però di aver già sollevato il problema, con un'altra missiva, all'Amministrazione in carica, lo scorso 1 giugno, e di non aver ricevuto in merito alcun riscontro, nemmeno di presa d'atto della mia segnalazione. Spero allora, almeno questa volta, di trovare un cenno di attenzione.
Con nota depositata presso l’Ufficio Protocollo del Comune lo scorso 1 giugno, ho invitato l’Amministrazione Comunale ad inserire, tra le proprie priorità, un intervento finalizzato a risolvere lo stato di dissesto in cui versano le strade rurali appartenenti al territorio latianese.
In quella circostanza ho evidenziato che risulta essere particolarmente problematica la condizione dell’arteria extraurbana che costeggia il cimitero per poi inoltrarsi verso le contrade Grottole, Lupocaruso, Tussano, Marangiosa, Coltura, Ospedale e Scaracci.
Ho anche evidenziato, tra l’altro, come tale tratto stradale, di notevole lunghezza, interessi numerosi cittadini latianesi proprietari di terreni limitrofi ed assuma importanza in quanto consente di raggiungere siti di interesse archeologico (Grottole), naturalistico (il boschetto di contrada Scaracci), storico (Ospedale e Coltura, con l’antica chiesa di San Donato ed una neviera in stato di buona conservazione), economico – produttivo (la masseria Marangiosa).
La strada rurale in parola è stata realizzata dall’Amministrazione Comunale latianese all’incirca trent’anni addietro ed oggi necessita di un intervento conservativo il cui differimento determinerebbe un aggravio dei costi successivi poiché ne richiederebbe probabilmente il completo rifacimento.
La precedente Amministrazione Comunale aveva provveduto, per l’ennesima volta, a riempire le buche senza ahimé apporvi lo strato di asfalto e le piogge avevano poi puntualmente ripristinato l’originaria condizione di dissesto.
A seguito della mia segnalazione di ormai oltre due mesi addietro, non solo non ho constatato il realizzarsi di alcun intervento di manutenzione del tratto stradale indicato ma, soprattutto, non ho avuto modo di riscontrare alcun cenno da parte dell’Amministrazione Comunale, anche solo di presa d’atto della problematica o di informazione in merito alla pianificazione di interventi futuri.
Mi preme sottolineare che la necessità di porre in essere interventi di manutenzione interessa anche altre strade rurali, la cui rete complessiva - sul territorio comunale di Latiano - rappresenta un patrimonio di grande valore per gli operatori agricoli nonché per i villeggianti.
Faccio appello, pertanto, all’apertura al dialogo costruttivo, tra maggioranza ed opposizione, alla quale proprio Lei, Sindaco, si è reso disponibile nel corso dell’ultima seduta del Consiglio Comunale, auspicando un interessamento sulla questione anche mediante l’avvio di una azione di reperimento di risorse extracomunali da destinare allo scopo segnalato.