mercoledì 27 marzo 2013

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Mi hanno segnalato il seguente post, pubblicato stamattina su Facebook dal Consigliere Regionale Fabiano Amati, e  - con l’esclamazione usata sul popolarissimo social network -  ne esprimo piena condivisione.

Dopo il fallimento dei politici – politici ora scopriamo il fallimento dei tecnici – tecnici. Attendo il giorno in cui scopriremo che la fattibilità non appartiene all’etichetta e che il rischio si riduce solo se la politica ritorna ad essere considerata un’arte (una super tecnica, appunto), che va imparata frequentando le scuole (diritto, economia, medicina, ingegneria, fisica, chimica ecc.) con profitto e andando a “bottega” di politica; senza dimenticare che la politica può essere una parentesi, che ti devi far votare e che devi avere un mestiere.

giovedì 21 marzo 2013

Liberi dalla paura

Il vero problema dell’umanità  - spiegava il filosofo Manlio Sgalambro (divenuto poi noto per la collaborazione con Franco Battiato) nel suo primo libro (La morte del sole) -  non è più quello della sua origine ma della sua fine, verso cui sembra correre.
Ma in questa istantanea  - come scattata da chi osserva, dal marciapiedi, una folla movente in strada -  talvolta si distingue qualche originalità che, come quando si “cala” la pasta nell’acqua che bolle, cheta, distoglie da ogni automatismo, desta riflessione, ammirazione, e può finalmente nutrire invertendo, forse, l’inerzia degli accadimenti: sono le testimonianze eccezionali di persone normali, che diventano esempi ed eroi.
Penso ad Antonio Manganelli, quell’uomo che ha portato un cognome complicato per un Capo della Polizia e che è venuto a mancare  - dopo aver conseguito onori e glorie, meritati -  in un’età (62 anni) in cui non si dovrebbe ancora morire (se c’è un’età in cui la morte diviene ospite accettabile).
Manganelli è stato servitore dello Stato, persona seria, forte del suo senso della responsabilità, credibile per la volontà di incarnare le Istituzioni al punto da assumerne soggettivamente le colpe prodotte da errori di altri, collega leale, attento, sensibile.
Nel tempo della rivendicazione di tutte le libertà (anche quelle che non rendono liberi…) Manganelli, ligio al suo dovere, ha lavorato per assicurare agli italiani la “libertà dalla paura”, contribuendo alla nostra sicurezza.
Probabilmente senza accorgersene, ci ha lasciato una lezione di grande civiltà.
Penso anche a Pietro Mennea, che ci ha lasciati oggi, a 60 anni, ex velocista azzurro nato a Barletta, campione olimpico a Mosca 1980 e per 17 anni detentore del record del mondo dei 200 metri. Livio Berruti, medaglia d'oro nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma 1960, lo ha ricordato così: «È stato un inno alla resistenza, alla tenacia e alla sofferenza. All'atletica italiana manca questa grande voglia di emergere e di mettersi in luce». In una intervista dello scorso anno per il Domenicale di Repubblica Pietro Mennea aveva ricordato così la sua infanzia: “noi non avevamo niente e volevamo tutto. Eravamo cinque figli, quattro maschi e una femmina. Mio padre Salvatore era sarto, mia madre Vincenzina lo aiutava, a me toccavano i lavori più umili: fare i piatti, pulire la cucina, lavare i vetri. Avevo tre anni quando mamma mi mandò a comprare un bottiglione di varechina che mi si aprì nel tragitto, porto ancora i segni sulle mani. Papà veniva da una famiglia di undici figli, due si erano fatte suore, non c'era da mangiare a casa. Quando ho iniziato a correre i calzoncini me li cuciva lui. Oggi non mi entrano più, nemmeno al braccio, ma li tengo ancora. Le prime scarpe da gara le ho prese più grandi, dovevo ancora crescere, sarebbero durate. La tv non la tenevamo, si andava al circolo degli anziani, era su un baldacchino, pagavamo 50 lire per vederla. Ce l'avevo la rabbia dentro, eccome".
A grandi uomini così, rimarremo sempre grati.   

venerdì 15 marzo 2013

Palazzetto prima di tutto?

La recente iniziativa politica dei Consiglieri Comunali Natale e Rubino ha acceso i riflettori sulla questione – palazzetto dello sport. Non che anche altre forze politiche, finora, non si fossero occupate dell’argomento ma certo è che chi fa pratica sportiva, o vi ambisce a farlo, particolarmente nella pallacanestro e nella pallavolo, vive con profondo disagio il perdurare dell’assenza di una struttura che favorirebbe le sedute di allenamento e che consentirebbe di ospitare, in un contesto idoneo sotto il profilo regolamentare, le gare dei rispettivi tornei. Ciò giustifica, evidentemente, azioni che potrebbero altrimenti essere etichettate come fughe (politiche) in avanti o tacciate di strumentalizzazione se non si volessero comprendere l’ansia e la frustrazione che pervadono quanti sono addirittura costretti, oggi, ad “emigrare” verso i Comuni limitrofi per giocare, allenarsi, competere.
So che la precedente Amministrazione Comunale (nelle cui liste ho voluto spendere la mia candidatura alle ultime elezioni comunali avendo apprezzato l’azione condotta sia dal compianto Sindaco Graziano Zizzi, sia dal suo vice, e poi sostituto, Claudio Ruggiero) si era fortemente impegnata per dotare Latiano di un nuovo palazzetto dello sport ed era riuscita, a poche settimane dalle consultazioni elettorali cittadine, a realizzare almeno la perimetrazione del manufatto. A tale messa in opera seguirono presto le più diversificate polemiche, finora mai sopite, che non mi appartengono anche in ragione della approssimativa conoscenza  - che tuttora ho -  delle contrapposte motivazioni.
So anche che l’Amministrazione Comunale in carica (sia pure su iniziativa di quell’instancabile “pontiere” che è il giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno Franco Giuliano) si è recentemente attivata per reperire le risorse necessarie a completare i lavori, provvedendo anche a richiedere (e poi acquisendo) in merito, dai progettisti, una doppia ipotesi: quella (più costosa) relativa alla realizzazione di un palazzetto dello sport che preveda spazi per il pubblico e quella (ben più economica) relativa alla realizzazione di una grande palestra.
Tutti, insomma, ciascuno a suo modo, “tifano” per il nuovo palazzetto e si ragiona, conti in tasca, su come approntare le soluzioni più confacenti ai bisogni della platea di sportivi (non solo praticanti…) interessata.
Alla luce della situazione socio – economica generale, e nella consapevolezza delle esigue disponibilità delle casse comunali, ma forse soprattutto in base  - lo confesso! -  al mio notoriamente tiepido approccio alla pratica sportiva agonistica (anche come tifoso), avverto però il bisogno di manifestare un libero (perché non impegna il gruppo politico a cui appartengo) pensiero sulla questione.
Per farla breve, insomma, io non credo che il nuovo palazzetto dello sport (o la grande palestra) rappresenti oggi la priorità assoluta nell’interesse della comunità latianese. Credo anzi che, sul fronte “grandi opere”, non si debba far nulla che esuli dall’utilizzo di mirati finanziamenti che siano già stati intercettati o che si dovesse riuscire ad intercettare da qui in avanti, e ciò al fine di non impegnare il bilancio comunale su interventi di significativa entità economica che determinerebbero  - in un contesto di “sofferenza” generalizzata -  l’effetto di dover trascurare altri ambiti e servizi di importanza primaria.
Per chi fa pratica sportiva  - in tempi di “magra” come questi, quando l’associazionismo no profit assume fondamentale risalto strategico nelle opzioni di governo della Cosa Pubblica -  io favorirei piuttosto un moltiplicarsi di interventi per ampliare e per attrezzare meglio le aree “verdi” pubbliche, con canestri, spazi per la pallavolo, reti e quant’altro che, per non finire presto oggetto di attenzioni vandaliche, potrebbero essere assegnati in uso a sodalizi che avrebbero dunque la gestione degli spazi e delle attrezzature con l’onere di organizzarne la libera fruizione.
Immaginerei anche la realizzazione di una pista, sempre all’aperto, dove poter praticare atletica leggera (forse esiste già un progetto, o addirittura un finanziamento, in tal senso: se dovesse essere così, acceleriamone la cantierizzazione! L’ex Assessore Comunale Francesco Summa, comunque, sul tema, ha padronanza più di tutti anche per i suoi trascorsi da atleta). E mi sforzerei di “chiudere il cerchio” (letteralmente) intorno al centro urbano, completando una sorta di anello viario (ho già pubblicato su questo blog la bella idea di Pierpaolo Parabita ma poi non sono riuscito a trovare concludenti riscontri nei progetti comunali…) dove poter dare luogo, su appositi spazi pedonali, alla sana passione per il footing e per la cosiddetta “passeggiata veloce”.
Se però si vorrà proprio completare il palazzetto (ed in tal caso comprenderei almeno la necessità, determinatasi, del recupero di quell’area, in via Einaudi, ormai simbolo di abbandono), e se lo si vorrà fare con risorse del bilancio comunale dunque in assenza di (auspicati) finanziamenti mirati, ritengo che ci si debba limitare alla soluzione economicamente meno onerosa (penso, ad esempio, ad una palestra di dimensioni regolamentari per consentire la disputa dei tornei o ad un nuovo, decoroso, pallone tensostatico).    

mercoledì 6 marzo 2013

Nodi al pettine

La Regione Puglia, con la nota prot. n. 1631 del 22 febbraio scorso che riporto qui di seguito, ha comunicato la necessità di procedere alla revoca del finanziamento ottenuto dall’Amministrazione Comunale latianese per la realizzazione di infrastrutture PIP in contrada Mariano, presso la ex discarica di rifiuti, e quindi al recupero della somma già erogata pari a € 485.009,12.
La progettazione per la quale si rilevò l’ammissibilità a tale finanziamento fu approvata con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 75 dell’8 ottobre 2001 mentre il progetto esecutivo di completamento delle opere fu approvato con Deliberazione di Giunta Comunale n. 286 dell’8 novembre 2001. L’approvazione del collaudo tecnico/amministrativo dei lavori eseguiti con il finanziamento in questione avveniva con Deliberazione di Giunta Comunale n. 170 del 2004. Con Deliberazione n. 23 del 27 giugno 2011 il Consiglio Comunale adottava la variante urbanistica per consentire la realizzazione di insediamenti produttivi in zona Mariano: sono stato l’unico tra i Consiglieri presenti in aula (assenti Claudio Ruggiero, Mauro Vitale e Antonio Gioiello) a non votare quella Deliberazione che è stata poi revocata nella seduta del 12 marzo 2012.
La Regione Puglia dettaglierà in un apposito provvedimento - si legge nella nota che segue - le ragioni della sua decisione di revoca del finanziamento e di recupero della somma erogata.
Si richiamano tuttavia, sempre nella missiva inviata dalla Regione Puglia, le “problematiche di ordine urbanistico ed ambientale” che sarebbero apparse “incompatibili con l’esigenza di corretta allocazione di risorse pubbliche specificamente destinate alla realizzazione di aree industriali o produttive funzionanti”.
Pare di capire, insomma, che prima di procedere alla urbanizzazione dell’area non si sarebbe (il condizionale è d’obbligo) perfezionata la bonifica.