domenica 14 novembre 2010
Adesso c'è "Scenari"
martedì 2 novembre 2010
Aderire all’UDC per costruire il Partito della Nazione
Venerdì prossimo, 5 ottobre, alle ore 17.30 presso il salone di rappresentanza dell’Amministrazione Provinciale (piazza Santa Teresa – Brindisi) si svolgerà un incontro pubblico per l’avvio ufficiale del tesseramento all’UDC – Partito della Nazione. Interverranno: il presidente della Provincia, Massimo Ferrarese, il coordinatore provinciale UDC, sen. Euprepio Curto, il presidente provinciale UDC, Marcello Rollo, il coordinatore regionale UDC, on. Angelo Sanza, il segretario nazionale del Partito, on. Lorenzo Cesa.
Con l’adesione all’UDC si potrà essere protagonisti della costruzione del nuovo Partito della Nazione.
L’adesione andrà formalizzata entro la fine di novembre; gli interessati potranno comunicarmelo anche con una e-mail.
Credo si tratti di una occasione irrinunciabile per iniziare una storia politica moderna, caratterizzata dalla consapevolezza delle reali problematiche che vivono le famiglie italiane e dalla capacità di sintetizzare una proposta politica - rispettosa delle diverse sensibilità, dei diversi bisogni, dei diversi interessi - orientata ad una nuova alba di benessere per tutti.
Credo sia finito il tempo della illusione che una parte politica, in forza di un premio di maggioranza, magari anche ignorando le istanze formulate dall’opposizione, possa determinare i destini della nazione.
Occorre concordia, condivisione della responsabilità, umiltà nell’ascolto, pazienza e metodo nella costruzione.
Il vero “nuovo miracolo italiano” potrà esserci solo all’insegna della solidarietà tra le persone, tra le professioni, tra le generazioni e tra i territori.
“Armonia” ed “integrazione”, a mio modesto parere, potranno essere le parole chiave.
Presupposto di ciò è la presa d’atto che nessuno detenga la “ricetta del successo”.
La “stagione del superomismo”, così come a mio avviso può essere classificata finora, per grandi linee, questa cosiddetta “Seconda Repubblica”:
- non ha prodotto le riforme sperate (poiché si è avuta l’arroganza di incidere sugli assetti istituzionali a colpi di maggioranza, senza ricercare strenuamente e con dedizione, come invece fecero i Padri Costituenti, ampie convergenze);
- ha condotto l’Italia ad essere la più lenta, nella ripresa economica, tra le grandi potenze mondiali;
- ha ripetutamente offerto, a tutti i livelli, l’immagine di un potere scollato dalla realtà e sempre più impegnato a soddisfare le esigenze della sua corte (non sarà stato, peraltro, frutto del caso il “porcellum”, la legge elettorale vigente per la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica, che, eliminando le preferenze sui singoli candidati, pone nelle mani di una oligarchia politica la scelta dei nostri legislatori).
Allora occorre cambiare, a cominciare dalla legge elettorale, ed intervenire nell’economia, invertendo la concezione liberista dominante negli ultimi anni, affermando criteri più improntati alla redistribuzione sociale della ricchezza: insomma, a mio avviso, per far ripartire l’economia, è necessario incrementare la capacità di spesa delle famiglie (il vero motore del benessere) e dunque concentrare la spesa statale sui salari e sugli investimenti pubblici.
L’Italia ha infatti bisogno di aprirsi, finalmente, verso il futuro e per questo occorre investire (che non vuol dire, necessariamente, indebitarsi), intervenendo con decisione sulla modernizzazione delle infrastrutture (non solo strade e ferrovie ma anche digitalizzazione e telematica), sulla scuola, sull’università, sulla ricerca, senza però mai trascurare la garanzia dei servizi socio – sanitari sempre a condizioni di accesso proporzionali ai livelli di reddito.
Il resto verrà da solo: con la ripartenza dei consumi, con la modernizzazione delle infrastrutture, con una formazione delle nuove generazioni che sia rispondente alle sfide della moderna società cosmopolita, non tarderà a venire il rilancio dell’agricoltura, del turismo, dell’artigianato.
Per reperire le risorse necessarie - oltre che promuovendo, nel mondo, l’immagine di una classe dirigente politica italiana più affidabile (dopo la Seconda Guerra Mondiale, molte nazioni, oltre gli Stati Uniti, non esitarono ad “investire” nel nostro Paese poiché ritennero di poter fare affidamento su una classe dirigente politica, “bianca” o “rossa” che fosse, che, certamente, aveva ben chiaro il senso dello Stato) - si può risparmiare ancora, ma non a scapito delle famiglie: penso alla soppressione delle Province, all’accorpamento di tanti piccolissimi Comuni; non sono favorevole, poi, al moltiplicarsi delle Regioni e per questo in un eventuale “referendum cittadino” sulla “Regione Salento” (che ritengo utile, come ho recentemente affermato in un post di questo blog, in quanto strumento di sensibilizzazione sociale) voterei per un unico “Grande Salento” nella “Regione Puglia”.
Occorre dunque invertire la rotta, e per farlo sarebbe certo più suggestivo proporsi agli elettori come “uomini della provvidenza”, cercando di prevalere sulle altre componenti politiche, provando ad affermarsi come maggioranza autosufficiente: un film già visto, questo; ci abbiamo creduto quasi tutti ed i risultati sono stati purtroppo deludenti.
Io preferisco la franchezza del realismo, l’umiltà della partecipazione piuttosto che i proclami del protagonismo solitario.
Si deve risalire la china, con il contributo di tutti, impegnandosi a ricucire piuttosto che a dividere.
Per questo scelgo di offrire il mio piccolo, personale, contributo alla nascita del Partito della Nazione.