Ma noi dove eravamo? Dov’era questa società del “c’ero anch’io!”? E’ possibile che siamo diventati consapevoli, sensibilizzati, informati - a volte anche morbosamente - sulle cose, solo “a posteriori”? Troviamo anche il tempo, nella frenesia della nostra vita, per fare i “pellegrinaggi” sui luoghi dove si è consumato il dolore; ma sempre dopo. Laddove conta davvero, esserci, non ci siamo; siamo distratti. O, comunque, arriviamo troppo tardi.
Ero a Roma, l’altra sera, quando ho appreso dell’ultima tragedia consumatasi a Latiano.
Chissà per quanto tempo ancora gli echi di quella sciagura risuoneranno forti nelle nostre orecchie. Ma probabilmente non avremo il coraggio di farcene un monito, un richiamo alle coscienze.
Perché quando l’esplosione del cupo malessere si stava preparando… noi guardavamo altrove, il nostro sguardo scrutava forse orizzonti lontani, la nostra mente era preoccupata dall’idea di un futuro possibile.
Ma quale futuro può avere una comunità in cui inesorabilmente, nel silenzio, nella indifferenza, nella impotenza dei pochi che se ne avvedono, la mano arriva ad armarsi contro la propria vita, o contro la fonte della stessa?
E quanto colma di malessere è l’esistenza di chi dilaga in tali atti distruttivi ed autodistruttivi?
Quale uomo nasce per togliersi la vita? Quale figlio nasce per uccidere la propria madre?
E non cerchiamo alibi al nostro egoismo: perché un grido di aiuto si componga, occorre lucidità. E laddove il male di vivere è forte, credo che la lucidità scarseggi.
Il boato del dolore, poi, richiama interventi ormai tardivi. E’ prima della sciagura che devono poter scattare indicatori sociali, esterni alla famiglia. E questi indicatori devono poter attivare interventi efficaci.
Allora, in tempi di forti e diffusi disagi, le politiche sociali diventano priorità.
E siccome il “pubblico”, purtroppo, a tutti i livelli, può contare oggi su una esigua disponibilità di risorse, occorre un forte impegno concertativo tra agenzie diverse; bisogna, insomma, selezionare le competenze e coordinarsi, perché sia ottimizzato il risultato prodotto dalle risorse disponibili e perché si agisca senza tralasciare ambiti scoperti: zone d’ombra in cui il disagio cresce e sfocia nell’irreparabile.