Riporto qui di seguito la bella lettera indirizzata dall’on. Pier Ferdinando Casini a Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, pubblicata ieri dal quotidiano di via Solferino. Penso che si tratti di un contributo utile, per una riflessione comune peraltro in coincidenza dell’incontro, che si svolgerà oggi in Provincia di Trento, commemorativo dell'anniversario della morte di Alcide De Gasperi, a cui interverranno, oltre lo stesso Casini, Lorenzo Dellai, Andrea Riccardi, Raffaele Bonanni e Andrea Olivero.
Caro direttore,
nemmeno un mese fa il presidente del Consiglio Monti, alla domanda di un giornalista russo sulla via d’uscita migliore dalla crisi, ha risposto con le parole di Alcide De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”.
Naturalmente non so se la scelta di rievocare quella celebre frase proprio in Russia, un Paese dai tratti fortemente populisti, sia stata casuale. Quello che so è che tutta la classe politica, e vorrei aggiungere anche gran parte della classe dirigente italiana, dovrebbe chiedere scusa a De Gasperi. In questi anni abbiamo pensato tutti troppo alle elezioni, agli interessi di partito, di categoria e di corporazione, e poco, o niente, alle prossime generazioni. Dimenticando una lezione che De Gasperi, peraltro, non aveva predicato nel deserto. Perché il testimone lasciato dallo statista trentino di cui ricorre il 58°anniversario della scomparsa, nel tempo è stato raccolto da uomini come Fanfani, La Malfa o Moro. Personalità capaci di guidare il Paese, attraverso scelte anche impopolari, fino a risultati straordinari, con tassi di crescita che oggi definiremmo “cinesi”, un Pil pro capite da quarta-quinta potenza economica mondiale, un’industria manifatturiera seconda solo alla Germania. Poi ci siamo seduti. Verso la fine della Prima e durante la Seconda Repubblica si è prodotto nient’altro che populismo, miopia, calcolo breve. Spostando ogni volta un po’più in avanti i problemi, posticipando di continuo le riforme, come se non ci riguardasse comunque poggiare sulle spalle delle generazioni future la somma delle inadempienze del presente. Il contrario di quanto ci aveva insegnato lo statista scomparso nel 1954, e con lui e dopo di lui tutti i padri dell’Europa di ieri e di oggi: da Adenauer a Schuman, fino a Helmut Kohl. È inutile allora cercare oggi il nuovo De Gasperi. Ogni tentativo di paragone è destinato a deludere: è stato unico e tale rimarrà. La sola cosa che possiamo fare è cercare di tornare a raccogliere tutti insieme almeno la sua eredità. Il terreno principale non può che essere l’aggiornamento della nostra visione sull’Europa. Basta con i rituali europeismi di maniera, sì a un tragitto che ci porti alla federazione degli Stati uniti d’Europa con nuovi obblighi e responsabilità per tutti: ipotizzare cessioni di sovranità in cambio di un rinnovato solidarismo comunitario deve prevedere un diverso assetto istituzionale. Si allontani da noi ciò che i cittadini vedono con sempre maggiore fastidio, e cioè l’Europa delle burocrazie, e si pensi finalmente a un vertice politico eletto e legittimato dalla gente, che a essa risponda con continuità. Riprogettiamo il futuro dei nostri figli su basi nuove, a partire da un nuovo protagonismo delle grandi famiglie politiche europee. Tornando all’Italia, in questi mesi il governo Monti ha assunto una serie di provvedimenti in numerosi ambiti: dalle pensioni al lavoro, alle liberalizzazioni, al contenimento della spesa, per ricordare i più rilevanti. Non tutti perfetti, alcuni sicuramente migliorabili, ma che avevano come minimo comune denominatore il grande pregio di recuperare la lezione degasperiana secondo cui, se è necessario, occorre anche saper andare contro vento.
Questione politica innanzitutto, ma non solo politica. Guardiamo a cosa hanno scatenato dentro, ma soprattutto fuori dal «Palazzo», le ipotesi di riduzione delle Province e di accorpamento dei tribunali. La verità è che siamo oggi un Paese per certi aspetti ancora più corporativo di 60 anni fa. Un Paese in cui tutti invocano tagli e riduzione degli sprechi a parole, ma al massimo sono disponibili a falciare solo l’erba del vicino. Ecco perché, se dovessi segnalare la vera priorità per l’Italia, direi che questo cambio di mentalità indicato dal tecnico Monti alla classe politica è indispensabile che non si riveli effimero ma si proietti sulla prossima legislatura. Con un’avvertenza però: per risultare efficace dovrà riguardare l’intero Paese. Abbassando il tasso di egoismo e facendo alzare a tutti lo sguardo più lontano, in direzione dei nostri figli e dei nostri nipoti. L’unica possibile se vogliamo essere un Paese moderno.
On. Pier Ferdinando Casini