domenica 19 agosto 2012

Monti, la lezione di De Gasperi, il futuro dell’Italia.

Riporto qui di seguito la bella lettera indirizzata dall’on. Pier Ferdinando Casini a Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, pubblicata ieri dal quotidiano di via Solferino. Penso che si tratti di un contributo utile, per una riflessione comune peraltro in coincidenza dell’incontro, che si svolgerà oggi in Provincia di Trento, commemorativo dell'anniversario della morte di Alcide De Gasperi, a cui interverranno, oltre lo stesso Casini, Lorenzo Dellai, Andrea Riccardi, Raffaele Bonanni e Andrea Olivero.

Caro direttore,
nemmeno un mese fa il presidente del Consiglio Monti, alla domanda di un giornalista russo sulla via d’uscita migliore dalla crisi, ha risposto con le parole di Alcide De Gasperi: “Un politico guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni”.
Naturalmente non so se la scelta di rievocare quella celebre frase proprio in Russia, un Paese dai tratti fortemente populisti, sia stata casuale. Quello che so è che tutta la classe politica, e vorrei aggiungere anche gran parte della classe dirigente italiana, dovrebbe chiedere scusa a De Gasperi. In questi anni abbiamo pensato tutti troppo alle elezioni, agli interessi di partito, di categoria e di corporazione, e poco, o niente, alle prossime generazioni. Dimenticando una lezione che De Gasperi, peraltro, non aveva predicato nel deserto. Perché il testimone lasciato dallo statista trentino di cui ricorre il 58°anniversario della scomparsa, nel tempo è stato raccolto da uomini come Fanfani, La Malfa o Moro. Personalità capaci di guidare il Paese, attraverso scelte anche impopolari, fino a risultati straordinari, con tassi di crescita che oggi definiremmo “cinesi”, un Pil pro capite da quarta-quinta potenza economica mondiale, un’industria manifatturiera seconda solo alla Germania. Poi ci siamo seduti. Verso la fine della Prima e durante la Seconda Repubblica si è prodotto nient’altro che populismo, miopia, calcolo breve. Spostando ogni volta un po’più in avanti i problemi, posticipando di continuo le riforme, come se non ci riguardasse comunque poggiare sulle spalle delle generazioni future la somma delle inadempienze del presente. Il contrario di quanto ci aveva insegnato lo statista scomparso nel 1954, e con lui e dopo di lui tutti i padri dell’Europa di ieri e di oggi: da Adenauer a Schuman, fino a Helmut Kohl. È inutile allora cercare oggi il nuovo De Gasperi. Ogni tentativo di paragone è destinato a deludere: è stato unico e tale rimarrà. La sola cosa che possiamo fare è cercare di tornare a raccogliere tutti insieme almeno la sua eredità. Il terreno principale non può che essere l’aggiornamento della nostra visione sull’Europa. Basta con i rituali europeismi di maniera, sì a un tragitto che ci porti alla federazione degli Stati uniti d’Europa con nuovi obblighi e responsabilità per tutti: ipotizzare cessioni di sovranità in cambio di un rinnovato solidarismo comunitario deve prevedere un diverso assetto istituzionale. Si allontani da noi ciò che i cittadini vedono con sempre maggiore fastidio, e cioè l’Europa delle burocrazie, e si pensi finalmente a un vertice politico eletto e legittimato dalla gente, che a essa risponda con continuità. Riprogettiamo il futuro dei nostri figli su basi nuove, a partire da un nuovo protagonismo delle grandi famiglie politiche europee. Tornando all’Italia, in questi mesi il governo Monti ha assunto una serie di provvedimenti in numerosi ambiti: dalle pensioni al lavoro, alle liberalizzazioni, al contenimento della spesa, per ricordare i più rilevanti. Non tutti perfetti, alcuni sicuramente migliorabili, ma che avevano come minimo comune denominatore il grande pregio di recuperare la lezione degasperiana secondo cui, se è necessario, occorre anche saper andare contro vento.
Questione politica innanzitutto, ma non solo politica. Guardiamo a cosa hanno scatenato dentro, ma soprattutto fuori dal «Palazzo», le ipotesi di riduzione delle Province e di accorpamento dei tribunali. La verità è che siamo oggi un Paese per certi aspetti ancora più corporativo di 60 anni fa. Un Paese in cui tutti invocano tagli e riduzione degli sprechi a parole, ma al massimo sono disponibili a falciare solo l’erba del vicino. Ecco perché, se dovessi segnalare la vera priorità per l’Italia, direi che questo cambio di mentalità indicato dal tecnico Monti alla classe politica è indispensabile che non si riveli effimero ma si proietti sulla prossima legislatura. Con un’avvertenza però: per risultare efficace dovrà riguardare l’intero Paese. Abbassando il tasso di egoismo e facendo alzare a tutti lo sguardo più lontano, in direzione dei nostri figli e dei nostri nipoti. L’unica possibile se vogliamo essere un Paese moderno.
On. Pier Ferdinando Casini

martedì 7 agosto 2012

Fabiano Amati, senza ipocrisia.

Riporto qui di seguito un comunicato stampa diffuso ieri dall’Assessore regionale Fabiano Amati, il quale è intervenuto sul tema del registro delle unioni civili apportando, da cattolico, un contributo lucido che può animare un dibattito interessante.   
    
«Se pacatamente si potesse dire qualcosa sul registro delle unioni civili ci accorgeremmo di quanto sia inopportuno ostacolarlo, soprattutto in tempi in cui (crisi) i provvedimenti di sicurezza sociale non possono escludere nessun Cittadino, meno che mai qualora tale esclusione sia giustificata dalle scelte affettive che ognuno può insindacabilmente fare».
Lo ha dichiarato l'Assessore regionale Fabiano Amati, con riferimento alle polemiche insorte dopo la presentazione di una proposta in materia, presentata da alcuni Consiglieri comunali del Comune di Brindisi. 
«Il presupposto di tale provvedimento - ha detto - che ovviamente auspico, attiene all'esercizio del dovere statuale di garantire l'equità nelle forme d'accesso ad ogni tipo di provvidenza, senza alcun pregiudizio o discriminazione. Ogni riflessione diversa rende priva di oggetto la stessa discussione.
Mi spiace solo dover osservare in talune occasioni ed in qualche opinione contraria il richiamo all'ispirazione cristiana. È mio costume evitare, per educazione politica, di fare riferimento alla mia ispirazione cristiana per giustificare l'esercizio di funzioni pubbliche, trovo però eccessivo osservare l'utilizzo di un messaggio così esigente, quello cristiano appunto, per dire l'esatto contrario, revocando così il suo fondamento compassionevole, cioè la partecipazione alla sofferenza altrui.
Recuperando pacatezza e riflessione, dunque, ci accorgeremmo che il nostro paese, a volte ingiustamente vituperato, ha nel suo ordinamento, sin dal 1989 col regolamento anagrafico, un concetto di famiglia (anagrafica) che non si fonda solo sul matrimonio ma anche su vincoli affettivi che prescindono dallo stesso matrimonio. Dal 1989 ad oggi sono passati più di venti anni; su quella scia normativa e su altre fonti di rango Europeo, oltre che su pronunce giurisprudenziali, si stanno materializzando tutte le proposte presentate nei Consigli comunali italiani, tra le quali si situa quella presentata ragionevolmente a Brindisi da alcuni consiglieri comunali: permettetemi di restare di stucco quando a tale presentazione corrisponde un eccessivo rumore mediatico, piuttosto che un'approvazione senza contrasti ed all'unanimità».

giovedì 2 agosto 2012

Per chi suona la campanella?

Apprendo che la proposta di referendum popolare per l’abrogazione del rimborso delle spese di soggiorno a Roma in favore dei nostri Parlamentari ha abbondantemente superato, a Latiano, i cento sottoscrittori.
E ciò nonostante la sopravvenuta mancanza dell’apposito modulo (il primo è stato esaurito in poco tempo e si è poi provveduto a scaricarne un altro da internet), che ha costretto l’Ufficio di Segreteria del Comune a non poter accogliere una decina di ulteriori sottoscrizioni.
Non so se questo referendum si celebrerà mai: un po’ per l’approssimarsi della scadenza naturale della legislatura, un po’ perché non ho idea di quale possa essere stata la capacità di coinvolgimento e di sensibilizzazione dei cittadini italiani esercitata dal Comitato promotore nazionale.
Tuttavia credo che almeno un piccolo segnale politico, ai nostri Parlamentari, sia stato lanciato.
Una campanella, insomma, è stata suonata.
Del resto molte cose, ormai, sono cambiate, nelle famiglie italiane, e di certo, dunque, non possono rimanere immutati i privilegi acquisiti, sia pure legittimamente, dalla classe politica.