martedì 5 agosto 2014

«Non occorre che vadano, voi stessi date loro da mangiare» (Mt 14, 16)

Domenica scorsa, su invito di don Franco Galiano, ho partecipato alla festa vocazionale del volontariato organizzata dalla Fondazione Opera Beato Bartolo Longo presso la CRAP (Comunità Riabilitativa di Assistenza Psichiatrica) di via San Michele Salentino a Latiano.
Nella ricorrenza del quarantacinquesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, don Franco ha voluto condividere, in quanto dono del Concilio Vaticano II, la sua esperienza di Chiesa del servizio e della carità.
Tutto ebbe inizio quando, per caso, don Franco si trovò a celebrare una Messa presso il manicomio pubblico ubicato in quella struttura che, grazie anche alla Legge Basaglia, da lì a qualche anno sarebbe stata “liberata” per divenire sede dell’Opera Beato Bartolo Longo: la stessa struttura dove domenica ci siamo ritrovati, in un clima da festa in famiglia (quanti ricordi…; quante persone conosciute lì, molte non ci sono più, che sono poi rimaste nel bagaglio di frequentazioni e di amicizie di una vita).
L’Opera nacque a Latiano nel 1980 - dall’esperienza di un gruppo di volontari costituitosi, con don Franco, già nel 1975 -   come adesione alla sfida forte scaturita dalla beatificazione di Bartolo Longo e come risposta cristiana al disagio psichiatrico.
L’Opera si è poi sviluppata, impegnandosi sempre nel settore della pastorale sociale e delle politiche sociali, erogando servizi e realizzando interventi socio – educativi e riabilitativi in favore di disabili psichici, tossicodipendenti, minori e famiglie in difficoltà.
Oggi l’Opera è una grande realtà che in tanti sentono un po’ loro, pur non frequentandola più assiduamente, perché in quel contesto hanno avuto modo di spendersi e, al tempo stesso, di confrontarsi con i propri limiti, le proprie paure, le proprie contraddizioni.
Il ricordo che don Franco ha voluto sottolineare domenica scorsa  - verso tre volontari tra quelli che con lui hanno dato impulso all’Opera nei suoi primi anni: Italo Erriquez, Nuccio Mingolla e mio padre, Franco -   dice a tutti che l’Opera non è mai stata fatta da persone straordinarie ma da uomini e donne che semplicemente hanno voluto (e vogliono ancora) mettersi in discussione, offrendo ciascuno il poco delle proprie possibilità nella consapevole adesione ad un disegno sempre misterioso, nella sua evoluzione, perché ideato “altrove” e di necessaria fattura comunitaria.

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