giovedì 27 ottobre 2016

Referendum sulla Costituzione: cosa ci ha insegnato Dossetti.

Riporto qui di seguito un articolo, che reputo molto interessante per gli spunti di approfondimento offerti, scritto da Giovanni Nicolini e pubblicato sul sito delle “Famiglie della Visitazione” (sito che invito a consultare).
Giovanni Nicolini è stato assistente dell’Azione Cattolica della Diocesi di Bologna, Direttore della Caritas della stessa Diocesi ed oggi si dedica alla comunità delle Famiglie della Visitazione, che ha fondato.
Molto importante, nella formazione di Nicolini, è stato l’incontro con Giuseppe Dossetti.

«BOLOGNA – In questo grave momento per le sorti del nostro paese, per la mia adesione alla Regola di don Giuseppe Dossetti, che fu giurista e padre costituente, ritengo che non si possa dimenticare che egli spese le ultime energie della sua vita per la difesa della Costituzione, fondamento di unità e di giustizia di tutto il nostro popolo. È quindi per me doveroso lasciarci guidare dal suo insegnamento.
Egli fortemente combatté la riforma berlusconiana e per mostrare quanto la sua posizione di allora sia del tutto attuale e applicabile alla riforma di oggi basta rileggere alcune sue affermazioni.
1. Senza ombra di dubbio Dossetti avrebbe combattuto questa riforma prima di tutto perché operazione illegittima e pericolosa: un parlamento eletto con legge dichiarata incostituzionale che si arroga il compito di cambiare un’ampia parte della Costituzione (47 articoli, pari a 1/3 della Costituzione) con stretta maggioranza politica.
In occasione della festa della liberazione del 1994 così scriveva al sindaco di Bologna:
Si tratta di impedire a una maggioranza che non ha ricevuto alcun mandato al riguardo, di mutare la nostra Costituzione: si arrogherebbe un compito che solo una nuova Assemblea Costituente, programmaticamente eletta per questo, e a sistema proporzionale, potrebbe assolvere come veramente rappresentativa di tutto il nostro popolo. Altrimenti sarebbe un autentico colpo di stato (Bazzano, 25 aprile 1994)
2. In secondo luogo perché ne risulterebbe una Costituzione di parte. I padri costituenti parlavano di “Casa comune”.  La costituzione del ‘48 fu scritta insieme e fu votata a larghissima maggioranza, 88%, da quanti erano avversari politici. La riforma di oggi invece divide gli italiani: se prevalesse il sì, metà degli italiani non si riconoscerebberonel nuovo testo della Costituzione.
Ricordando i lavori dell’Assemblea Costituente Dossetti osservava:
È qui il luogo di ricordare che questa base di largo consenso – nonostante i dibattiti assai vivaci lungo il corso di tutti i lavori e gli antagonismi che dividevano allora il paese – portò a una votazione finale del testo della Costituzione che raggiunse quasi il 90% dei componentidell’Assemblea costituente (Le radici della Costituzione, Monteveglio 16 settembre 1994).
3. Infine non si tratta di discutere se c’è qualcosa di buono nel progetto di riforma ma di difendersi dalla manipolazione del consenso.
Esprimendo la sua preoccupazione, Dossetti diceva: Ora la mia preoccupazione fondamentale è che si addivenga a referendum, abilmente manipolati, con più proposte congiunte, alcune accettabili e altre del tutto inaccettabili, e che la gente totalmente impreparata e per giunta ingannata dai media, non possa saper distinguere e finisca col dare un voto favorevole complessivo sull’onda del consenso indiscriminato a un grande seduttore: il che appunto trasformerebbe un mezzo di cosiddetta democrazia diretta in un mezzo emotivo e irresponsabile di plebiscito (Lettera ai Comitati per la difesa della Costituzione, Oliveto 23 maggio 1994).
Giovanni Nicolini»

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