martedì 7 giugno 2011

“Si” al Referendum, per sancire il fallimento della legislatura.

Premetto che il sistematico ricorso alle consultazioni referendarie non mi appassiona, anzi suscita in me delusione, quasi tristezza (se questa possa essere un sentimento che la politica riesce ancora a provocare).
Credo, infatti, nella democrazia partecipata; riconosco il valore della rappresentanza diretta dei cittadini ma non posso non rilevare che, negli ultimi venti anni, si è fatto un frequente ricorso ai Referendum anche per colmare l’insipienza del Legislatore, o l’incapacità dello stesso a recepire, e quindi a rappresentare, i sentimenti prevalenti nella società italiana.
Dunque non discuto il valore della consultazione referendaria, come strumento di affermazione del pensiero politico, ma, contestualmente, prendo atto della crisi in cui versa, in Italia, la democrazia rappresentativa.
E tra le cause di ciò deve annoverarsi il cosiddetto “porcellum”, ovvero il sistema per l’elezione del nostro Parlamento, che consente ai Partiti di indicare gli eletti senza dover sottoporre i candidati al consenso diretto degli elettori, attraverso l’espressione della preferenza.
Con questo stato d’animo saluto il Referendum di domenica e lunedì prossimi ma non mi sottraggo certo all’impegno, anzitutto, per una indicazione favorevole al voto.
Se la classe politica nazionale, o buona parte di essa, ha perso di vista molte delle sue prerogative, la Comunità rappresentata non può declinare dalle proprie responsabilità: una inversione di tendenza può determinarsi, anzi, a mio avviso, proprio attraverso una maggiore partecipazione dei cittadini al governo della Cosa Pubblica.
Facciamo sentire, allora, ai nostri Parlamentari, il fiato sul collo; credo che, così, potranno finalmente darsi una mossa! (ma che peccato, però, avere 630 Onorevoli e 315 Senatori, oltre i Senatori a vita, che, insieme, non riescono a rappresentare la Comunità di cui sono espressione…).
E poi non intendo sottrarmi alla responsabilità di far conoscere come voterò io, domenica prossima.
Tre tematiche, quattro quesiti: per me, personalmente e liberamente, altrettanti “si”.
Sul legittimo impedimento, anzitutto, su cui si è espressa anche la Corte Costituzionale: sarebbe stata comprensibile una tutela per le quattro più alte cariche dello Stato ma l’estensione a tutti i Ministri mi sembra davvero troppo. Dunque un “si” per abrogare una legge, secondo me, non sbagliata ma certo… eccessiva.
Sull’acqua: il Governo avrebbe potuto farsi promotore di una Legge che garantisse la libera concorrenza nella gestione (sono sempre persuaso della maggiore efficienza gestionale dei privati…) ed una congrua soglia di sussistenza a tutti i cittadini. Probabilmente l’avrei sostenuta. Così non è stato (il Governo si è dato, evidentemente, altre priorità) e allora… mettiamoci al sicuro! “Si” all’acqua per tutti, ovviamente,… e speriamo che si vigili almeno sugli sprechi.
Sul nucleare, poi. Ho accolto con favore l’impegno assunto dall’attuale Governo Berlusconi, agli esordi del suo mandato, per la ripresa di un piano per il nucleare. Sono stato un “nuclearista moderato” e ne ho scritto, nel 2008, anche su questo blog: lo ritenevo, quello annunciato dal centrodestra italiano, uno sforzo per uscire dalla forbice del binomio petrolio – carbone, che ha prodotto effetti quantomeno discutibili sul fronte dell’impatto ambientale e che, sul fronte economico, non dà garanzie di lunga prospettiva (anche in considerazione dell’atteggiamento spesso ricattatorio assunto dai Paesi produttori). Mi sarei però aspettato un’azione di ampio respiro ed improntata a caratteristiche di maggiore responsabilità: ad esempio la proposizione di un tavolo europeo sull’energia (del resto, anche in termini di sicurezza, che senso ha non realizzare le centrali nucleari in Italia e poi avere, quelle degli Stati limitrofi, allocate sulle Alpi?). Invece che ad una azione di rilevanza continentale (che avrebbe potuto sortire anche risultati insperati: basti vedere l’abbandono del piano per il nucleare annunciato recentemente dal, certo non “sovversivo”, Governo tedesco) abbiamo assistito, ancora una volta, ad una politica di quartiere, anzi no: di condominio. E così, a poche settimane dalla tragedia di Fukushima, ci è toccato sopportare Berlusconi che tranquillizzava Sarkozy sul rispetto dei contratti per la cessione della tecnologia francese sul nucleare (pare, peraltro, che non sia di ultima generazione…). Come se nulla fosse successo in Giappone, come se - sull’altare di un impegno commerciale assunto - si possano mortificare le ansie ed i timori, legittimi, di una Comunità. Insomma, anche su un tema serio, che ha fortissime ripercussioni sull’ambiente, sulla sicurezza e sull’economia nazionale, si è assistito al solito teatrino. E siccome il nucleare, lo si voglia o no, è una cosa seria, se non si è capaci di gestirla con pari serietà, determinazione, lucidità e lungimiranza, è meglio lasciar perdere. Allora “si” anche su questo… ma stavolta speriamo almeno di avere presto un moderno, ed efficace, piano nazionale per l’energia che non si basi sul carbone, sul petrolio e… sul nucleare.
Buon voto libero a tutti.

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