L’ho già scritto in altre circostanze, ripetutamente anche su questo blog: non mi convince affatto il ricorso alle consultazioni referendarie per determinare - per mano popolare - ciò che, invece, rientra nei compiti ordinari del Legislatore.
E del resto, abbiamo avuto sin troppi esempi di come poi il Legislatore abbia di fatto ribaltato l’esito di consultazioni referendarie: un esempio su tutti, da ultimo, il Referendum del 2011 sull’acqua pubblica, che ha bloccato un processo di privatizzazione ma che si sta cercando di “tradire” - volendo richiamarmi a quanto affermato in una recente intervista da Stefano Rodotà - così come testimonia l’articolo 25 del Decreto Madia sui servizi pubblici, che prevede “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, usando quindi esattamente le parole cancellate dal voto su quel quesito referendario (nel 2012 la Corte Costituzionale, peraltro, ha dichiarato illegittime le norme che ne riproducono altre già abrogate con Referendum).
Insomma, anche se sono deluso dall’uso e dall’abuso che si fa dello strumento referendario - soprattutto a causa di quella certa latitanza del Legislatore nazionale che, talvolta, i cittadini (o, come nel caso del Referendum sulle trivelle, le Regioni) decidono di colmare - ho deciso di partecipare a questo prossimo Referendum.
Gli elettori, domenica 17 aprile, dovranno decidere se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro dodici miglia dalla costa, cioè più o meno ventidue chilometri da terra, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine della concessione. In pratica, se il Referendum dovesse passare, le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di dodici miglia dalla costa verranno smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio nascosti sotto i fondali. Non cambierà invece nulla per le perforazioni su terra e in mare oltre le dodici miglia, che proseguiranno, né ci saranno variazioni per le nuove perforazioni entro le dodici miglia, già proibite dalla Legge.
Io al Referendum del 17 aprile voto “SI” perché credo che oggi sia necessario affermare un “no”, più generale, verso un’idea di sviluppo, evidentemente sbagliata, perseguita negli ultimi trent’anni in Italia, che ha messo in secondo piano agricoltura – ambiente – cultura -turismo con i risultati che, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti.
Allora io voto “SI”.
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