Avverto il bisogno di condividere pubblicamente alcune considerazioni in merito all’aspro confronto innescatosi all’interno del Partito Democratico dopo che il nome di Pino Romano è rimbalzato dal dibattimento in corso nel processo sugli appalti truccati alla ASL di Brindisi: processo nel quale Pino Romano non è, peraltro, imputato, essendo stata - la sua posizione - archiviata già a conclusione delle indagini.
Ma non è, ovviamente, il processo, ciò che sollecita questo mio intervento anche perché sono sicuro che in quella sede si stia unicamente lavorando per affermare Giustizia.
Né mi provoca la volontà di esprimere pubblica solidarietà ad un amico, poiché Pino Romano dispone di esperienza sufficiente a guardarsi dalle attenzioni del branco, allorquando la politica decide di svestire i nobili panni che le competono assumendo quindi, incomprensibilmente, tali fattezze.
Invece un quarantenne “democristiano” come me, che ha iniziato a votare mentre nasceva il Partito Popolare di Mino Martinazzoli, avverte la necessità di intervenire per richiamare il Partito Democratico di terra di Brindisi a divenire, finalmente, ciò che - dalle circostanze storiche determinatesi - è chiamato ad essere.
Non ho mai avuto la tessera del Partito Democratico ma l’ho votato, per la prima volta, alle Europee del 2014 (si, in quel 40%... c’ero anch’io) e poi ancora alle regionali di quest’anno.
Mi sorprende, e mi rammarica, che - mentre a Roma va in scena un Governo che decide e ci mette la faccia, e mentre, sempre a Roma, il Partito Democratico dibatte, si divide e, pur perdendo qualche sua componente, trova le ragioni fondamentali per compattarsi (Bersani a Renzi certo non le manda a dire ma poi è sempre pronto a lavorare per l’unità della “ditta”) - a Brindisi il Partito Democratico sembra esistere solo nei comunicati stampa.
Gli elettori hanno immaginato, alle ultime elezioni europee, di votare Partito Democratico per affidare il destino dell’Italia in solide mani, scongiurando ogni rischiosa deriva.
E il Partito Democratico nazionale - al di là che se ne condividano o meno le singole scelte adottate - sta dimostrando di sapersi assumere la responsabilità di guidare l’Italia, indicando una prospettiva e recuperando anche un ruolo dignitoso a livello internazionale.
Il Partito Democratico in Puglia, soprattutto dopo l’elezione di Michele Emiliano a Presidente della Regione, sta dimostrando di saper essere cardine di una coalizione composita che, altrimenti, non potrebbe che degradare ad una connotazione meramente leaderistica.
A Brindisi il Partito Democratico guida la Provincia, governa in tanti Comuni ma ancora non sembra aver fatto sintesi intorno ad una idea condivisa, ad un progetto forte a cui affidare le sorti di un territorio strategico che però, come il don Abbondio di manzoniana memoria, rischia di essere vaso di terracotta tra vasi di ferro.
A mio parere, al Partito Democratico di terra di Brindisi manca oggi l’autorevolezza sufficiente a tenere unito, o almeno in piedi, il proprio tavolo e dunque quella capacità di sapersi credibilmente relazionare, offrendosi come riferimento, con le molteplici esperienze politiche che oggi vi orbitano intorno e che, nei diversi Comuni, preferiscono continuare a connotarsi come componenti civiche.
La questione morale ed il ruolo di esponenti politici brindisini in seno a livelli istituzionali superiori non mi sembrano questioni che qualsiasi Partito possa affrontare con lo strumento del comunicato stampa; a meno che non si intenda solo delegittimare qualcuno, magari non tanto rispetto alle sue ambizioni personali ma anzitutto rispetto ai suoi propositi di incidere, per innovare, presso quegli stessi livelli istituzionali.
Ma ciò, a pensarci bene, non può proprio essere: perché significherebbe voler impedire ad un brindisino di “contare” laddove egli oggi può ma, in verità, …non si vuole.
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