lunedì 4 ottobre 2010

Non per tattica ma per ciò che vale

Riporto qui di seguito l’editoriale di Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, pubblicato sull’edizione di ieri del quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana.

Si è dunque aperta una nuova fase nella XVI legi­slatura, con solidi intendimenti da parte di chi regge il timone dell’Esecutivo, ma in un quadro po­litico che si è fatto complicato e fragile. E poiché nessuno ha la sfera di cristallo, nessuno è davvero in grado di dire fin dove potrà spingersi l’orizzonte dell’azione di governo e dell’attività parlamentare.
I nostri lettori sanno che noi ci auguriamo anni di lavoro intenso e utile per il Paese. E sanno anche che apprezziamo una maggioranza e un’opposi­zione capaci di assumersi con chiarezza le rispetti­ve responsabilità, ma ancor più forze politiche che si dimostrino in grado di convergere – ogni volta che sarà possibile e opportuno – sulle iniziative e sulle scelte riformatrici necessarie per preparare e ben orientare il futuro dell’Italia. Le cinque 'e' – etica, educazione, energia, equità fiscale, equilibrio istituzionale – sono forse solo un esempio dei terreni sui quali sarebbe indispensabile dare segnali positivi a­gli italiani. Ma è un esempio calzante, che spiega quanto sia urgente concentrarsi con stile adeguato e lungimiranza su una seria agenda di legislatura.
La sensazione è che invece, in questa fase nuova, più che su contenuti legislativi e obiettivi strategici, in troppi – e, sorprendentemente, anche tra coloro che fanno esplicito richiamo all’ispirazione cristiana – si stiano dedicando alla tattica e alle meccaniche di schieramento. Quasi che si fosse imparato poco o nulla dagli errori del passato più recente, quelli che hanno segnato i sedici anni di vita della cosiddetta Seconda Repubblica.
Di quegli errori, qui, ce ne in­teressa, appunto, il principale: la presunzione e­quilibrista di poter costruire coalizioni o soggetti politici solo sulla base di una polemica con il 'ne­mico' prescelto e in forza di 'numeri' potenzial­mente sufficienti a vincere una determinata scom­messa elettorale. Così sono nati e caduti il primo governo Berlusconi, il primo governo Prodi, due go­verni D’Alema e il secondo governo Berlusconi. Co­sì è stato messo a rischio il governo in carica, quel­lo che ora cerca un rilancio.
Nel frattempo, certo, si è governato. Ma quante riforme di sistema sono sta­te portate a buon fine? È un’incompiutezza che pe­sa e, lunedì scorso, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana lo ha ri­cordato a tutti con lucidità e angustia. La democrazia dell’alternanza che si è affermata negli ultimi tre lustri si è portata, insomma, in cuo­re un’alternanza delle instabilità, e nessuna alchi­mia elettorale maggioritaria riesce a curarla. Perché i numeri – cioè il consenso popolare e la rappre­sentanza parlamentare – in qualunque democra­zia sono indispensabili, ma non bastano e non ten­gono senza le idee-cardine che danno vera forza a un progetto politico. L’essenzialità di questo punto è sempre più eviden­te.
Lo sforzo per avvicinare culture ed esperienze politiche diverse è certo importante e può diventa­re addirittura meritorio, ma non può mai essere pa­gato in termini di chiarezza. Perché non tutti i pro­getti sono compatibili, e i fatti si sono incaricati di confermare – e questo a noi importa molto – una condizione di disagio e persino d’insignificanza per i politici di ispirazione cristiana disposti a mettere tra parentesi, per tattica, un impegno coerente su ciò che davvero conta. E ciò che davvero conta per chi voglia fare politica con una limpida visione umani­stica e, a maggior ragione, da cristiano e da cattoli­co è la determinazione a non dimenticare mai e a tenere per bussola i «valori non negoziabili».
Papa Benedetto XVI li indicò magistralmente, era il mar­zo del 2007, ai leader del Partito popolare europeo. Il cardinale Angelo Bagnasco, nella sua prolusione ai lavori del Consiglio permanente dell’episcopato che si è appena concluso e in questa vigilia della Settimana Sociale dei cattolici di Reggio Calabria, li ha richiamati con altrettanta forza e chiarezza: vita (dal concepimento alla morte naturale), famiglia uomo-donna, libertà religiosa e libertà educativa. È questo il «fondamento» che garantisce ogni altro valore e impegno, ha detto il presidente della CEI. Sta alla base di un’azione politica davvero orienta­ta alla costruzione del bene comune. Perciò, ieri, non doveva essere messo tra parentesi e, oggi, non può essere lasciato cadere sotto il tavolo di alcuna trattativa.

Fonte:
www.avvenire.it

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