Non si sa quale possa essere il destino delle rivolte che stanno investendo il mondo arabo. Certo che fa riflettere il credito fino a ieri riservato da alcuni Governi occidentali (…) ai vari raìs che opprimevano, opprimono, o torneranno ad opprimere, i loro rispettivi Popoli.
Oggi l’Occidente è preoccupato dai risvolti economici di queste rivolte che, in taluni casi (come in Libia), possono sfociare in vere e proprie guerre civili. E preoccupa l’ondata di profughi, dai più diversi trascorsi e dalle più diverse provenienze, che potrebbe riversarsi, più copiosa che mai, sulle coste occidentali (che sono poi quelle europee, che sono poi proprio le nostre).
Ciò che però attira maggiormente la mia attenzione è la sensazione diffusa - tra noi che assistiamo ancora una volta ad una guerra, ad una rivolta, ad una lotta per la libertà, comodamente seduti in poltrona - che si sia capovolta l’immagine che avevamo del mondo arabo: il manifestante del Cairo, di Tunisi e di Bengasi ha sostituito lo stereotipo del terrorista fanatico. Nei loro messaggi, soprattutto, i giovani tunisini, egiziani, yemeniti, marocchini e libici rivendicano, anche a costo della vita, diritti e libertà. Queste Persone non sono più disponibili a farsi rappresentare dalle stravaganti ed obsolete immagini dei loro dittatori.
Tutto ciò ricorda un po’ l’esperienza dell’antifiascismo italiano negli anni ’40. La Storia presenta oggi un quadro di civiltà sempre meno divise, di idee che corrono troppo più velocemente di chiunque, anche in Occidente, nutra ancora la presunzione di frenarle, di intrupparle. Questi giovani parlano ai nostri giovani e comunicano la consapevolezza nuova di una generazione non più assoggettabile ai guardiani del Popolo di turno. E’ il 2011! E qualcuno, anche tra i nostri confini, non se n’era ancora accorto.
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