mercoledì 1 gennaio 2014

Generazione Capitan Harlock

Se c’è chi ha la pazienza di continuare a visitare il mio blog, ci sarà probabilmente anche chi accetterà, a questo punto, il mio invito a portarsi su un qualsiasi motore di ricerca per ascoltare (o, per molti, riascoltare) la storica sigla di Capitan Harlock. Solo dopo ciò, si dovrebbe proseguire la lettura di questo post emotivo, provocatorio e, per certi versi, anche bizzarro che vuole un po’ scandagliare all’origine (senza intenti assolutori) i limiti e le potenzialità di una generazione (quella a cui appartengo) rimasta fatalmente inespressa (o comunque non completamente espressa).

Come saper scovare un eroe in un pirata, o come saper fare di un pirata dello spazio un anti-eroe romantico: è un po’ come (a ricordare una canzone di Franco Battiato) saper trovare l’alba dentro l’imbrunire.
E’ la sottile linea tra l’essere contraddittori e l’essere visionari, che distingue una generazione che ha precorso l’età post-ideologica  - avendo vissuto il declino (nell’imminenza della fine) delle ideologie -  e non ha trovato, nel disorientamento provocato dalla carenza di riferimenti, nemmeno l’illusorio materasso del consumismo spinto.
Quella generazione di giovani e di ragazzi non è nata indifferente e non è stata impermeabile alle passioni. Così un personaggio un po’ anarchico, frutto solo della fantasia, è divenuto icona (oggetto poi di strumentalizzazioni politiche) debole di un sentimento forte (“il suo teschio è una bandiera che vuol dire libertà”) .
La critica alla società, la disponibilità a buttarsi nelle cose della vita (“fammi provare, capitano, un’avventura, dove io sia l’eroe che combatte accanto a te”), il fascino per una giustizia che si fa strumento di re-distribuzione (“fammi volare, capitano, senza una meta, tra i pianeti sconosciuti, per rubare a chi ha di più”, come novello Robin Hood delle galassie) e poi lo slancio verso i grandi spazi (“per casa solo il cielo”), in volo, (perché no?) all’arrembaggio.
Oggi la nostra società ha bisogno di ripartire; le passioni sono i motori degli uomini; e c’è, nell’hangar della storia, una generazione di quarantenni che non ha mai spiccato il volo. Certo è effimero affidarsi ad eroi di cartone… ma qualche stimolo, ai cuori spenti, può venire anche da lì.
E poi, per riprendere a volare, occorre anzitutto riabituarsi a guardare il cielo.

E ora chi non sa capire, e chi non vuole capire, commenti pure che mi sottraggo a responsabilità “pubbliche” buttandola sui cartoni animati. Semplicemente, continuo a mettere in tavola il mio libero pensiero: piaccia o non piaccia.  

Nessun commento: