domenica 8 agosto 2010

A 51 anni dalla morte di don Luigi

Don Luigi Sturzo, nato a Caltagirone il 26 novembre 1871, moriva a Roma l’8 agosto 1959. Ritengo dunque opportuno richiamare, proprio oggi, la valenza dell’impegno civile e politico di quest’uomo che volle innovare lo stile della presenza dei cattolici in politica, che si impegnò a cercare un’alternativa al socialismo ed al liberalismo, che fu oppositore del fascismo, che fu favorevole al libero mercato ma molto attento alle questioni sociali e sensibile alle tematiche etiche richiamate dalla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica.
Invito i pazienti lettori di questo blog a dedicarsi ad una breve ricerca, anche on line, sulla vita di quest’uomo, per cogliere, anzitutto, le tante similitudini tra l’odierna realtà storico – sociale e quella, della Sicilia del primo ‘900, prima ancora che italiana, in cui si trovò ad operare Sturzo.
"Pochi — scrisse Gabriele De Rosa — ebbero, come Sturzo, la conoscenza specifica della struttura agraria e artigianale siciliana e la sua capacità di analisi degli effetti negativi del processo di espansione del capitalismo industriale sui fragili mercati del Sud e sulla piccola e media borghesia agricola e artigiana locale, che si sfaldava sotto i colpi di una impossibile concorrenza. Tra le cause della disgregazione dei vari ceti artigianali in Sicilia, Sturzo indicava la 'forte concorrenza delle grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime'; la lotta 'rovinosa' che si facevano gli artigiani locali, la mancanza di capitali, l'indebitamento, l'impoverimento delle campagne dovuto alla crisi agraria".
Nel 1900, essendosi scatenata in Cina la persecuzione dei Boxers, che volevano la cacciata degli stranieri, Sturzo presentò anche formale domanda al suo vescovo per partire missionario in quelle terre lontane ma, date le precarie condizioni di salute che avevano caratterizzato l’esistenza di don Luigi sin dalla nascita, il presule negò il consenso.
Sturzo sostenne che la religione non può essere strumento di governo (si pensi invece, a tal proposito, ai nostri contemporanei “talebani” in alcuni Paesi orientali) e che, poiché in Italia il cristianesimo aveva in qualche modo influenzato culturalmente ogni componente politica del suo tempo, l’individuo rimaneva libero di scegliere la sua appartenenza politica secondo la propria coscienza di cittadino e di credente. Nel sostenere ciò, a conferma dell’intento non strumentale della sua iniziativa politica, Sturzo fondò il Partito Popolare Italiano, come partito aconfessionale, palesandone in tal modo la concezione liberale.
In economia Sturzo cercò una alternativa sociale e cattolica al movimento socialista ( “la base del fatto sociale è da ricercarsi nell’individuo”) senza però scadere nell’individualismo.
Sturzo non fu tuttavia un liberale classico poiché da un lato denunciò il capitalismo di Stato, dilapidatore di risorse, e dall’altro rimase convinto della possibilità di interventi dello Stato in economia, sia pure per periodi brevi e finalizzati a risultati specifici.
Sturzo, con il suo pensiero, oltre che il Partito Popolare Italiano, fondò il Popolarismo: una dottrina politica originale, che ha avuto molti richiami in Europa, che è oggetto tuttora di dibattito e che, a mio modesto avviso, non è stata ancora adeguatamente assimilata proprio dai cattolici italiani impegnati in politica.

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